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L’ex Pro Alessandro Vanotti In Libreria Con La Sua Bio “Gregario – Una Vita Al Servizio Dei Campioni”

L’ex pro Alessandro Vanotti in libreria con la sua bio “Gregario – Una vita al servizio dei campioni”

L'ex ciclista professionista bergamasco in libreria con la sua biografia scritta con Federico Biffignandi per Bolis Edizioni. Un percorso fatto di aneddoti ed episodi che ripercorrono dodici anni a servizio dei più grandi campioni di inizio millennio e che possono offrire spunti di riflessione per il ciclismo giovanile di oggi.

Il gregario è senza dubbio una delle figure più nobili del ciclismo, ma in generale di tutto lo sport. E, perché no, metafora anche nella vita quotidiana, nonostante oggi quel concetto quasi evangelico di dare la propria vita per il prossimo è sempre più bistrattato. Alessandro Vanotti, classe 1980, bergamasco, ciclista professionista dal 2004 al 2016, è stato gregario per tutta la carriera e, in un certo senso, lo è stato nella vita personale sin da bambino. Addirittura, La Gazzetta dello Sport lo ha incoronato come uno dei 5 gregari più influenti della storia del ciclismo soprattutto per via del suo rapporto quasi fraterno con Vincenzo Nibali.

Ed è proprio Gregario il titolo del libro che racconta la vita di Vanotti. In uscita per Bolis Edizioni (200 pp., 16 Euro) è stato scritto a quattro mani con il giornalista Federico Biffignandi con il duplice obiettivo di fare la sintesi di una dozzina di anni di ciclismo ad alto livello, ma anche di leggere queste pagine come un manuale del gregario ideale, colui che è “forte al posto giusto, nel momento giusto”. Un lungo messaggio, quasi un testamento sportivo, da lasciare soprattutto ai giovani che si avvicinano al ciclismo, allo sport, che desiderano trovare un loro posto in gruppo o nella vita di tutti i giorni.

Un destino predestinato.

Attraverso un ricco numero di aneddoti, di consigli, di esperienze, di errori e di scelte giuste, Vanotti ripercorre la sua vita. Da bambino quando il padre Luigi lo ha messo in sella permettendogli di fare ciò per cui era nato. Da ragazzo quando ha dovuto guadagnarsi da vivere lavorando in cantiere per rimpinguare le finanze di famiglia: dieci ore da muratore, e poi gli allenamenti. Da dilettante, con le vittorie più prestigiose in mezzo ad un anno sabbatico, utile per riflettere sul proprio futuro. E poi, da professionista, grazie a Gianluigi Stanga che sin da subito ha visto in lui le doti da gregario con qualifica di regista. Quindi, il salto di qualità in Liquigas, lo squadrone italiano dei primi anni 2000. La sua unica vittoria individuale, a Bergamo, nel 2007, al termine dell’ultima tappa della Settimana Lombarda. E ancora, il primo Giro d’Italia vinto con Danilo Di Luca a cui segue quello del 2010 al fianco di Ivan Basso con la super prestazione nella decisiva Bormio-Tonale che ha ancora nel cuore.

A fianco dello Squalo, non solo in gara.

Nel 2013, altra svolta con il passaggio in Astana per seguire Vincenzo Nibali, già compagno di camera inseparabile da qualche stagione. La vittoria del Giro arriva subito, nonostante Vanotti debba ritirarsi prima dell’ultima settimana. La squadra però gli chiede di restare accanto a Nibali e vicino alla squadra e lui lo fa, incarnando una volta di più il ruolo di gregario, anche fuori dalle corse.  Nel 2014, la consacrazione con la vittoria del Tour de France di Vincenzo Nibali. Vanotti ripercorre soprattutto l’avvicinamento a quel Tour ricordando come già dagli allenamenti della vigilia avesse intuito che Vincenzo avrebbe vinto “per come pedalava in salita, ma soprattutto per come guidava la bicicletta: saltava le buche, capiva prima quando stava arrivando un pericolo”.

I tre grandi Giri in bacheca

L’ultimo grande giro lo vince nel 2015. Fabio Aru vince la Vuelta e Vanotti c’è, con le ossa rotte per via di una caduta a poche tappe da Madrid. Stringe i denti, è l’unico grande Giro che non ha vinto e arriva a Madrid, passando per primo sotto il primo passaggio all’arrivo, all’inizio del circuito finale. Così come aveva già fatto a Milano per il Giro e a Parigi per il Tour. In mezzo, i racconti degli inizi di Peter Sagan, l’amicizia con Michele Scarponi, i legami umani che si creano in squadra e tra avversari, le fatiche di chi deve centrarsi sul proprio ruolo non vincente. Ma anche altre vittorie personali, come la maglia di miglior scalatore al Giro d’Austria 2016.

E una volta sceso dalla bici…

E poi c’è un dopo, quello della fine del professionismo. Prima da imprenditore nel mondo del cicloturismo con la Vanotti Cycle Camp, poi con la sua squadra giovanile, la Vanotti Cycle Team a cui si aggiunge la figura di ambassador, primo fra tutti il legame con il maglificio Santini. Un libro che aiuta gli appassionati a raccontare i 20 anni di ciclismo del nuovo millennio da un punto di vista diverso ma non meno importante, capace di avvicinare i meno avvezzi al ciclismo allo sport del pedale e facendo sorridere chi invece ha verso la bici una attrazione irresistibile. In questo libro la figura di Alessandro Vanotti si staglia sullo sfondo come un atleta che riesce a portare tutta la sua vicenda umana all’interno del suo ruolo professionale.

“Gregario” è disponibile in tutte le librerie, sulle principali piattaforme di e-commerce e anche in formato e-book.

Il ciclo di presentazioni che accompagna il lancio del libro è iniziato lunedì 28 aprile presso la Biblioteca dello Sport “Nerio Marabini” di Seriate, ed è proseguito sabato 3 maggio con un secondo appuntamento presso la sede Santini a Bergamo, in occasione dell’apertura del village della Granfondo BGY. Durante questa presentazione, Alessandro Vanotti, guidato dallo scrittore e giornalista Giacomo Pellizzari e affiancato dall’autore Federico Biffignandi, ha approfondito un tema delicato e spesso molto complesso: cosa fare nel dopo carriera? Spesso i professionisti si trovano infatti “perduti” una volta conclusa l’attività agonistica; Alessandro sapeva che c’era questo rischio, ma da buon bergamasco si è subito rimboccato le maniche e ha continuato a pedalare per costruirsi una nuova vita. Uno slancio decisivo glielo ha dato proprio la famiglia Santini, che lo ha subito ingaggiato come ambassador, dandogli l’opportunità di restare nel mondo ciclistico ma in un’altra veste. Una veste che si è sentito subito cucita addosso su misura e che ha ulteriormente ricamato con altre esperienze imprenditoriali.

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