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L’Abici 1° Rapporto Sull’economia Della Bici In Italia E Sulla Ciclabilità Nelle Città

L’Abici 1° rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città

In principio erano solo Amsterdam e Copenaghen e poco altro. Le città bike friendly dell’Unione Europea, fino a non tantissimi anni fa, erano rare e concentrate in una specifica area continentale. Gradualmente ma senza pausa, adesso mostrano marcate virtù pedalatorie tanti centri urbani distanti dalla Danimarca e dall’Olanda.

E c’è movimento lento anche nel nostro Paese dove, smentendo la sensazione diffusa che l’Italia sia condannata ad arrancare in coda al gruppo, crescono città a misura di bici e una sempre maggiore attenzione alla ciclomobilità. Purtroppo eccellenze e buone pratiche, questo è vero, non sono frequenti e diffuse in maniera omogenea, ma concentrate in alcuni Comuni e in una circoscritta area geografica.

Con L’A Bi Ci – 1° Rapporto Legambiente sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città – realizzato in collaborazione con VeloLove e GRAB+ – abbiamo cercato di fare il punto sullo stato delle due ruote, elaborando una inedita e innovativa analisi del valore economico della bicicletta nel nostro Paese.

Il dato è incoraggiante: l’insieme degli spostamenti a pedali genera un fatturato di 6.206.587.766 euro. Questo patrimonio – somma della produzione di bici e accessori, delle ciclovacanze e dell’insieme delle esternalità positive generate dai biker (come risparmio di carburante, benefit sanitari o riduzione di emissioni nocive) – appare ancora più rilevante soprattutto in considerazione del carattere adolescenziale della ciclabilità in molte parti d’Italia, sia per gli aspetti relativi alla mobilità, sia per quello che riguarda il turismo su due ruote.

Per dare un’idea della consistenza di questo capitale, si pensi ad esempio che i 6,2 miliardi di cicloproventi superano nettamente i ricavi dell’export del vino, uno dei prodotti made in Italy maggiormente apprezzati all’estero, o che doppiano il fatturato Ferrari.

Un altro valore significativo è quello relativo ai frequent biker, gli italiani che utilizzano sistematicamente la bici per coprire il tragitto casa-lavoro. Sono 743.000, con percentuali elevatissime nella provincia autonoma di Bolzano (il 13,2% degli occupati raggiunge il luogo di lavoro in bici), in Emilia Romagna (7,8%) e in Veneto (7,7%).

Sono ancora più positivi i dati del modal share di 12 città italiane che raggiungono performance di ciclabilità qualitativamente analoghe a quelle di altre realtà europee, con una quota di spostamenti in bici sul totale degli spostamenti urbani superiore almeno al 15%. In quattro di queste in particolare – Bolzano, Pesaro, Ferrara e Treviso – più di un quarto della popolazione usa la bici per i propri spostamenti quotidiani per motivi di studio, lavoro e svago.

A questi elementi – che sono le buone fondamenta da ampliare e su cui poggiare un diverso approccio alla mobilità – si affianca un’altra valutazione statistica solo apparentemente illogica: in tutta Italia crescono le piste ciclabili, non cresce la ciclabilità. In sette anni infatti, tra il 2008 e il 2015, le infrastrutture riservate a chi pedala nelle città capoluogo sono aumentate addirittura del 50%, mentre nello stesso periodo la percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti è rimasta immutata: era il 3,6% nel 2008 ed era ancora il 3,6% nel 2015.

Proprio la corretta analisi di questa contraddizione potrà fornire gli strumenti giusti per costruire una strategia per il futuro che evidenzi quali sono le infrastrutture e quali le scelte davvero in grado di far sbocciare un nuovo stile di mobilità e un generalizzato bici boom.

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